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Mercoledì 19 settembre 2007 dalle ore 21

Craiova – Bologna… andata… ritorno… andata

Genno5_Baraccopoli_3 Mercoledì 19 settembre 2007, ore 21
A Vag 61, Via Paolo Fabbri 110, Bologna

A cinque anni dal primo sgombero del Lungoreno

Craiova – Bologna… andata… ritorno… andata

Partecipano

  • Irene Campari (consigliere comunale indipendente del Comune di Pavia), una donna coraggiosa che, insieme ai suoi compagni del Circolo Pasolini, è a fianco dei rom cacciati dall’ex SNIA e braccati nei paesi della provincia pavese da razzisti, leghesti e fascisti di Forza Nuova;
  • Andrea Ronchi (Giuristi Democratici) che insieme a un gruppo di compagni avvocati portò avanti un’iniziativa politica e giuridica contro il caporalato e il lavoro nero con i lavoratori rumeni di via Casarini;
  • Luciano Nadalini, il fotografo bolognese che ha seguito tutti gli sgomberi dei campi rom in città, appena tornato da un reportage sulla condizione dei rom in Romania;

Hanno assicurato la loro presenza alcuni membri della comunità rom che, loro malgrado, sono stati protagonisti della “diaspora rumena” di Bologna; e, inoltre attivisti/e che hanno lavorato a progetto di sostegno e aiuto dei rom.

Nel corso della serata verrà presentato il progetto per la realizzazione di un film-documentario sulle vicende dei rom rumeni a Bologna (prodotto dall’Officina dei Media Indipendenti Vag 61)

All’alba del 19 settembre 2002 le forze dell’ordine intervengono lungo l’alveo del fiume Reno, nel quartiere Borgo Panigale, per sgomberare e distruggere all’istante le baracche, costruite nelle vicinanze del fiume.
Le baracche erano abitate da una piccola comunità di circa 70 persone (tutte di nazionalità rumena) che vengono immediatamente portate in Questura (essendo prive di permesso di soggiorno), per essere poi deportate coattivamente in Romania. I rumeni vengono trattenuti per più di 24 ore, senza poter comunicare con nessuno nel corso di una procedura di regolarizzazione (molti di loro sono lavoratori nell'edilizia ed aspettavano le dichiarazioni dei datori di lavoro per la regolarizzazione).
La procedura di distruzione delle baracche, di identificazione ed allontamento è caratterizzata dalla totale assenza del rispetto dei diritti umani, senza alcun intervento dei servizi sociali per le situazioni di maggiore tutela nel corso dello sgombero e con la piena e consapevole compressione del diritto di difesa.
Lo sgombero è stato ordinato dalla Giunta Guazzaloca, su richiesta del Presidente di Quartiere Ropa (DS).
Alla fine dell’operazione, 33 sono gli espulsi (con accompagnamento all’aeroporto per essere rispediti in Romania), 10 ricevono il foglio di via, 22 vengono messi per strada perché, secondo la Prefettura, sono nelle condizioni di rimanere in Italia fino al 10 novembre 2002.
Questi ultimi verranno ospitati al centro sociale XM 24. Il 16 ottobre 2002 viene occupato l’ex Ferrhotel di Via Casarini 23 a Bologna, dando vita all’esperienza dello Scalo Internazionale Migranti. In quella struttura si trasferisce la comunità rom che aveva trovato ospitalità in via Fioravanti, a cui si aggiungano altri sfollati, provenienti da succesivi sgomberi, il più grosso dei quali è quello avvenuto con le ruspe nei pressi delle Caserme Rosse, a Corticella, il 14 novembre 2002.
Il Comune di Bologna lascia gli abitanti di via Casarini, per molto tempo senza luce, acqua e gas. Gli unici aiuti e sostegni vengono portati da un gruppo di attivisti e attiviste di alcune reti di movimento e da alcune associazioni di volontariato.

CON L’AVVENTO DELLA GIUNTA COFFERATI,
si arriva alla chiusura di Via Casarini e al “trasferimento blindato” a Villa Salus il 10 marzo 2005.L’ex clinica privata verrà chiusa il 30 giugno 2007 e i nuclei famigliari che erano rimasti sistemati in alloggi disseminati sul territorio provinciale.

In contemporanea alla gestione della vicenda Via Casarini – Villa Salus, il sindaco Cofferati lancia la campagna sulla “legalità”, all’interno della quale avrà un ruolo fondamentale (anche a livello simbolico) la scelta degli sgomberi e l’utilizzo delle ruspe, come unica risposta alla presenza di comunità (soprattutto di origine rumena) sul territorio di Bologna.

FERROTEL_trasloco Ecco il drammatico calendario di una vera e propria “guerra permanente” contro i rom che sta alla base dell’aberrante politica della “accoglienza disincentivante” che ha caratterizzato i tre quinti di mandato delle politiche sociali dell’Amministrazione Cofferati.

21 MARZO 2005 – 1° Sgombero Lungoreno - Vengono abbattute 10 baracche e le persone che vi vivono (uomini, donne e bambini) finiscono per strada senza nessun aiuto.
27 APRILE 2005 Roveretolo – Intervengono Polizia e Vigili Urbani per abbattere la baracca abusiva abitata da una famiglia di etnia ROM composta da quattro adulti e sette bambini. Di fronte alla protesta di un gruppo di volontari dell' associazione Giovanni XXIII, lo sgombero viene fermato e si tiene un incontro nell'ufficio dell'Assessore alle Politiche sociali.
19 OTTOBRE 2005 - 2° Sgombero Baracche Lungoreno
Agenti della Polizia di Stato, Carabinieri, Vigili Urbani, accompagnati dalle ruspe, intervengono sul Lungoreno, tra Via Triumvirato e Via Agucchi, per abbattere le baracche dei migranti rumeni e fermare quelli che non riescono a fuggire.

4 AGOSTO 2006 - Sgombero dell’ex centro di formazione professionale di Casteldebole. Era stato occupato alcune settimane prima da un centinaio di rom rumeni che avevano lasciato l’accampamento di Via Gobetti, perché sarebbe stato sgomberato, e avevano iniziato a rendere concreto un interessante progetto di autogestione e di autorecupero dell'immobile abbandonato.

15 NOVEMBRE 2006 - Sgombero del campo di via Gobetti, 60 rom vengono rimpatriati con un aereo in Romania, 14 sono finiti al CPT, 13 in carcere per non aver ottemperato a precedenti provvedimenti di espulsione; altre 50 persone (tra cui molte donne e bambini) vagano per strada alla ricerca di un rifugio.
7 DICEMBRE 2006: sgombero al campo di via della Volta.
14 DICEMBRE 2006: sgombero al casale di via Malvezza. Carabinieri e polizia intervengono nella casa colonica, abitata da più di cinquanta persone di etnia rom. La maggior parte di loro sono donne e bambini. Sono stati tutti caricati su due pulman e portati chissà dove (forse è già pronto un areo per "rispedirli" in Romania). Si è trattato di una vera e proria deportazione!!!

12 LUGLIO 2007 – Nuovo sgombero in Via Malvezza, la polizia ha sloggiato i rom che abitavano nella casa colonica abbandonata vicino a Villa Salus. Vivevano nella casa circa 100 persone, una trentina di bambini, e molti
avevano lì la residenza. Lo sgombero è motivato per ragioni di ordine pubblico; non c'è stato nessun intervento dei servizi sociali del Comune.
Nei giorni successivi è una vera e propria fuga continua, quella a cui sono costretti i rom rumeni sgomberati da Via Malvezza. Sono braccati da polizia, carabinieri e vigili urbani. Appena si vede l'ombra di un nuovo accampamento arriva immediato l'intervento di allontanamento delle forze dell'ordine.
16 LUGLIO 2007, 80 rom rumeni, sgomberati dal casale abbandonato di via Malvezza e che si erano rifugiati nel parco di viale Marx, sono circondati da una decina di volanti della polizia e costretti ad andarsene. Dopo avergli tolto l'unico tetto, materasso e pentola da cucina che avevano, adesso li buttano fuori da un parco costringendoli a stare per strada.
25 LUGLIO 2007, tocca a tre tendopoli sul Lungoreno, allontanate una ventina di persone, il giorno dopo le pale meccaniche delle ruspe "sbaraccano" un altro accampamento in via Marco Polo.
29 AGOSTO 2007 - Intervento nei confronti di una famiglia rom rumena di due adulti e dieci bambini.
Vivevano in una roulotte, campeggiati in viale Togliatti, nei pressi dell'area dove di solito si tengono feste campestri. Ad intervenire vigili e poliziotti: la roulotte viene sequestrata.
7 SETTEMBRE 2007, sgomberati dalla polizia quattro rumeni (una ragazza 18enne e tre uomini di 38, 37 e 33 anni ) all'interno di un vecchio edificio dell'ex Aeronautica una volta di proprietà del Demanio militare ora del Comune di Bologna. I quattro cittadini rumeni si erano stabiliti in via Triumvirato 125 per trovare un tetto dove riparasi, sono stati allontanati e denunciati per invasione di terreni ed edifici.

Alcuni sgomberi sono stati firmati dal Sindaco, altri dalla Procura della Repubblica, altri ancora dal direttore dei Servizi Sociali del Comune, ma la trama è quasi sempre la stessa: le deportazione di massa (alla vigilia dell’acquisizione, da parte degli immigrati rumeni, della cittadinanza europea), il foglio di via, il CPT, il carcere per chi non ha ottemperato ad un precedente decreto di espulsione.
Gli sgomberi hanno sempre creato situazioni di emergenza umanitaria e non hanno mai risolto alcun problema.
Non si possono mettere per strada centinaia di persone, private di tutto ciò che possedevano, senza alcun luogo dove dormire, senza la possibilità di sfamarsi e provvedere alle proprie esigenze indispensabili, e disinteressarsene completamente.
Solo grazie all'intervento di volontari e associazioni il disastro sociale causato dagli sgomberi non si è trasformato in tragedia. Ma il volontariato non può essere la scialuppa di salvataggio dei servizi sociali comunali senza fondi, senza personale adeguato, subalterni alla logica repressiva.
Le politiche "disincentivanti" dell'amministrazione comunale sono fatte a scapito della salute, della dignità e dei diritti di centinaia di persone.
Continuare a mentire, continuare a sostenere che i servizi sociali funzionano e che le persone sono state tutelate nei loro diritti inviolabili, serve solo a rendere più evidente a tutti che "il re è nudo".

I rom rumeni, prima sedentarizzati a forza dal regime di Ceausescu, poi perseguitati e costretti a fuggire dopo la caduta del dittatore, non chiedono nient'altro che un frammento di terra sul quale mettersi. Un brandello inutile alla città, che però a loro viene negato.
Lo chiedono senza una parola di protesta, o un gesto di stizza. Silenziosi e anonimi, come quando la sera, ritornando da dieci ore di lavoro nei cantieri, inforcano i sentieri lungo l'alveo del fiume Reno per passare la notte nelle baracche. I nostri fratelli rumeni hanno la pazienza di chi non si aspetta nulla. Sanno di non avere diritti e scrutano già la strada che li porterà in un altro luogo. In un punto meno esposto, più marginale, sottratto alla vista, dove occultarsi.
Sanno che andare è la loro condizione, se vogliono scamparla.
Non hanno aspettative perché, come racconta un vecchio detto rumeno, sono l'anticamera della delusione.

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